La bici veniva da lontano. Lo capivo dalla vernice scrostata, dal colore rosso sbiadito, dai bulloni arrugginiti. Nonostante l'aspetto era una bici robusta: due grandi ruote ben distanziate, un ampio manubrio, un cestino di vimini avanti, due enormi ceste dietro. Un tempo doveva essere anche una bici bella ed elegante, a testimoniarlo le schegge di vernice rosso brillante rimaste ancora appiccicate sul telaio, il curioso campanello arruginito, i freni a bacchetta, i brandelli di cuoio ancora presenti sulla sella affusolata.
Io l'avevo notata subito, appoggiata al muro come un animale ferito mentre pedalavo in tutta fretta per contrastare il freddo pungente di quel Natale. Una bici così vecchia e strana non si era mai vista. Neanche il Sindaco, obbligato da una antica legge comunale a muoversi in città in bicicletta, poteva vantare un velocipede così vetusto. La bici istituzionale, infatti, era stata maltrattata per così tanti anni che ora era ridotta ad un ferrovecchio tenuto insieme con fil di ferro e nastro adesivo.
A noi bambini però faceva ridere un sacco la figura goffa del primo cittadino in costante equilibrio precario su quel trabiccolo a due ruote. Non che fosse tutta colpa sua. Spesso i cittadini scontenti gli sgonfiavano le ruote. Per questo motivo era facile incontrarlo inginocchiato ad una angolo della strada, tutto rosso e sudato per lo sforzo, intento a gonfiare le gomme con una vecchia pompa. Altre volte quelli dell'opposizione gli sganciavano i freni e lui era costretto a rallentare strisciando i piedi sul fondo stradale sconnesso per evitare di spiaccicarsi sul muro posto inesorabilmente alla fine di ogni discesa (per questo i buchi nella suola delle scarpe erano la norma). Per non parlare poi dei continui furti della sella che lo costringevano a muoversi con notevole sforzo in piedi sui pedali per lunghe distanze.
La fragilità della bici istituzionale e la goffagine del Sindaco ci avevano regalato dei momenti indimenticabili di ilarità generale. Ricordo un paio di anni fa, io ero all'asilo comunale e il Sindaco, accompagnato da tutta la giunta comunale, venne a portarci in gran pompa il panettone di Natale. Erano tutti rigosamente in bici come previsto dal regolamento comunale. Noi bambini eravamo ordinatamente schierati in cortile, in testa le nostre maestre con il vestito migliore e davanti all'entrata il dirigente impettito.
Per l'occasione il sindaco aveva indossato la fascia tricolore che ostentava in testa al gruppo. Il dirigente, appena avvistato in lontananza il solenne corteo ciclistico, diede inizio al concerto per soli flauti preparato per l'occasione dai giovani alunni. Unica e sola melodia: Tu scendi dalle stelle. Il sindaco aveva indossato il sorriso dei giorni migliori e varcò con pedalata decisa il cancello d'ingresso tra la folla plaudente. Purtroppo la fascia tricolore, un po' lunga e sfilacciata, decise di andarsi ad infilare tra i raggi della ruota anteriore provocando il fragoroso cappottamento del Sindaco e, a cascata, dell'intera giunta comunale. Neanche la nenia natalizia prodotta da decine di giovani flautisti riuscì a coprire gli improperi dei caduti e le fragorose risate degli spettatori. L'evento fu così esilarante che i cittadini furono costretti a nuove elezioni.
Quella bici appoggiata al muro era però ancora più vecchia e strana.E poi non si erano mai visti tanti regali e regalini quanti quelli stipati nelle ceste di vimini dello strano velopcipede. Il vecchio grassone tutto vestito di rosso che pedalando lentamente l'ha portata via mi ha detto che veniva dal Polo Nord. Ma non c'è da fidarsi. Come dice sempre il mio papà :”I vecchi subiscono le ingiurie degli anni. Non sanno distinguere il vero dai sogni”.
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